Sabato, primo sabato di settembre, ore 7 del mattino un uomo scalzo, pantaloni corti e maglietta bianchi, con passo svelto si dirige in chiesa. Per mano ha il suo bambino, scalzo e vestito di bianco, nell’altra un piccolo fagotto, anch’esso candido.

La mamma di Sara, la notte precedente, quasi bisbigliando per non svegliare coloro che già dormono, “Is corridoris, la notte prima, vanno a letto presto”, mi racconta che la tunica bianca ognuno la porta in chiesa racchiusa nel fazzoletto femminile, per poi vestirsi tutti insieme. Sulla credenza, il nastro bianco con i bottoni per allacciare il colletto del saio e in salotto, poggiata sulla sedia, la cintura bianca…
E’ bella l’atmosfera della vigilia: un misto di attesa e pace.
La Corsa degli Scalzi ha una storia antichissima che risale al 1500 e profuma di leggenda. Si narra che a causa di una delle frequenti invasioni saracene, uomini e donne di Cabras corsero verso il borgo di San Salvatore (nel quale gli uomini vivevano durante la settimana, non potendo quotidianamente affrontare le distanze del viaggio) per mettere al sicuro la statua del santo e i loro averi. Durante la corsa, si racconta che sollevarono un tale polverone da indurre i saraceni a credere che avessero un esercito ben equipaggiato e ciò li fece desistere dall’assalto.

Io non so esattamente quanti fossero i corridori: uomini, ragazzi e bambini. Un fiume umano, un serpente bianco luccicante che si muoveva compatto nel senape scuro delle terre del Sinis. A tutti è permesso emozionarsi, ma solo a pochi, pochissimi, comprendere che cosa realmente significhi la Corsa. Perché ognuno corre per un motivo. E non esistono turisti, curiosi, viaggiatori che possano intaccarne l’essenza, perché è inafferrabile come i corpi in movimento. E quando i corridori arrivano a San Salvatore, sotto un sole alto e potente, pesanti di polvere, fatica e sudore che cerca di evaporare dalle vesti, allora lì l’essenza della corsa si è già manifestata in ogni singolo passo, in ogni singolo scatto lungo chilometri, dove ognuno ci ha messo, ci ha lasciato o forse si è ripreso un po’ di se stesso. Adesso puoi solo lasciarti respirare l’umido intrappolato in sai saturi, fino alla magia del profumo di menta, che arriva come un miracolo, e dei petali di fiore che segnano il passaggio del santo nelle vie di San Salvatore. Questa è l’unica, grande magia che è concessa al popolo spettatore.
Currei in nomine ‘e Deus, Scalzi di Cabras!


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